Senza mutande

Senza mutande

Io di norma non me ne sto così. Senza mutande intendo dire.
Una mia amica del liceo non le portava mai. Diceva che le davano fastidio, che continuamente poi era lì ad aggiustarsi l’elastico sui fianchi e il filo tra le chiappe. Così un giorno aveva deciso che non le avrebbe più messe.
Io, invece, l’ho fatto solo stamattina e ogni volta che mi siedo sento premere il cavallo dei jeans direttamente sulla mia asta e spostarsi separando i testicoli. Il contatto diretto e lo sfregamento provoca qualche impulso. Sto sfidando il buon senso che dice di non farsi crescere il bozzo mentre sono al lavoro.
Anche oggi sono stato io a provocarla, mandandogli quel messaggio subito dopo il caffè del mattino. “Stamattina ho particolarmente voglia di te. Non metterti le mutandine. Ti prego vediamoci e stiamo insieme”.
Era vero. Mi sono svegliato con una voglia paurosa di lei. E non è una di quelle voglie sognanti, una di quelle che ti fanno stare un po’ con la testa fra le nuvole. No.
Oggi ho voglia di qualcosa di concreto, di passionale. Ho voglia di qualcosa che ci laceri, che ci apra, che ci riempia di un piacere fisico e mentale. Ho voglia – bisogno – di affondare nella sua carne, di sbuffare e far grondare e mischiare gli umidi piaceri di entrambi. Ogni posto, ogni luogo e oggetto risveglia in me nuove idee.
La immagino seduta su un tavolo e io davanti a lei, in piedi tra le sue gambe. Lo farei su qualsiasi sedia. Anche il pavimento, oggi, mi sembra eccitante. Tra i due tavoli bianchi, alti, vedo noi due distesi a terra, i pantaloni calati a metà coscia, le maglie sollevate. Non siamo mai completamente nudi ma va bene così, a me piace vederci così mezzi vestiti mezzi no, profumati, puliti.
Puliti fuori, ma sporchi dentro. E con un gran bisogno di buttare fuori questa vorace anima passionale repressa.
Chissà perché ci sono di questi giorni, dove sembra che idee ninfomani dilaghino come un virus. Saranno gli ormoni e tutte quelle robe lì, cose tanto che nessuno sa esattamente spiegare. E per questo ci si appiccicano sopra le etichette ed i ruoli; del bravo maritino e della brava moglie; della fedeltà e del rispetto. Solo perché sennò ogni tanto prendono il sopravvento, ti fanno perdere il controllo. Esplodono come una parte vitale di te tenuta ingiustamente in gabbia.
Mi sarebbe piaciuto sapere che si sarebbe masturbata pensando a me. Non nel bagno però; in ufficio, dietro la scrivania, di nascosto approfittando di essere sola per le ferie dei colleghi. Porta chiusa e mani nelle mutandine.
Glielo scrivo e la sua risposta, temeraria, arriva immediata: “Facciamo uno scambio. Io mi faccio una foto dove mi masturbo in ufficio, in pieno orario di lavoro, se tu mi mandi una foto di te col cazzo dritto in mano pensando a me”. Non potevo dire di no, ero stata io a provocare.
E così, aspettando il momento più giusto, sono andato in bagno e ho tirato giù i jeans. Non c’è stato bisogno di stimolazione. Era già dritto e la cappella arrossata è schizzata subito fuori a indicare la via alle mie mani protese a stringere l’asta nodosa. Foto. MMS. Torno in stanza. E a ogni passo lo sento premere sulla coscia, questo fagottino di tessuto irrorato di sangue.
E per tutta la mattina fino quasi all’ora di pranzo sono stato costretto a tenermi la mia voglia ben stretta tra le cosce. Finché…”Tra 30 minuti”, gli scrivo.
Arrivo, la prendo sotto l’ufficio e voliamo verso il motel in zona. Mentre era seduta sul sedile accanto a me in macchina sgancio il bottone dei suoi pantaloni e infilo dentro una mano.
Che sensazione trovare la pelle liscia della fica subito al di sotto. Anche lei senza mutandine. Sento le sue labbra completamente umide, bagnate lungo tutta la fessura. Le tocco con due dita, di piatto, le sfioro leggermente. Sento una vischiosità simile a olio, le dita scivolano verso il basso senza che io lo abbia esattamente deciso. Penetro piano fin dove riesco.
Poi visto che era zuppa e si scivolava senza problemi le infilo fino in fondo e poi le tiro indietro. Si sente un rumore liquido mentre le tiro fuori, una specie di schiocco lento. Le mie dita sono lucide fino alle nocche quando le guardo, sulla punta sono bianche.

Siamo arrivati al parcheggio nascosto del motel ma lei non scende. Allora le infilo ancora. Quando arrivano a metà del percorso do’ una spinta un po’ più decisa. Affondo. Lei sospira. Geme. Gli piace. Quella sensazione di debolezza e impotenza, una percezione così strana. Sento un forte odore di umido della fica salire al naso e mi tiro giù la zip dei pantaloni.
Lei non aspetta un minuto e me lo tira fuori tutto lucido e sgocciolante. Ci avventa sopra le labbra e lo succhia voracemente. Fantastico. La cappella e mezza asta spariscono nella sua bocca.
Mi pare che tutta la macchina profumi di sesso, ora. E la cosa aumenta questa sensazione meravigliosa che mi scorre su e giù lungo la pelle del cazzo al ritmo delle sue labbra.
“Non ce la facevo ad aspettare ancora”, mi dice. L’orgasmo è appena dopo il varco, è lì che mi aspetta. Spingo le mie dita ancora a fondo, lentamente, e aspetto un po’ a tirarle fuori e gli premo e sfioro con forza il clitoride, le struscio lungo la fessura zuppa, affondo di più quando aumenta il gemito. Mi piace sentire la fica stringersi attorno alla mia mano e inzupparmela.

Mentre la tocco lei continua a leccarmi il cazzo e la cappella, a ingoiare tutto e la vedo splendida coi suoi occhioni mi guarda da sotto mentre ha il mio uccello tra le labbra. Questa immagine mi vibra fino alle dita e spingo ancora, violentemente adesso. Ha voglia di godere. Me lo dice. Lei sospira. E’ facile ora. E’ il suo orgasmo che prende il tempo, non io.
Rallento, aspetto di sentire la sua voce. “Godo…vengo…sììììì” e zuppa si ributta a ciucciare voracemente il mio cazzo affondandolo nella bocca… A quel punto anche io non faccio altro che liberare tutto ciò che era stato trattenuto finora. Vengo. Schizzo. Gli inondo la bocca. Gli cola lo sperma dalle labbra ma non si scosta…
“Sei una mervaglia…un regalo…”, penso e glielo sussurro.

Questo incontro quasi casuale ci cambia a ogni incontro. Impercettibilmente, involontariamente anche. Forse. Ci modella e si anima come si fa con la creta. Se si lascia un po’ troppo tempo senz’acqua allora invecchia e secca. Diventa più dura e scura. Ma se si ha la costanza di bagnarla, anche non tutti i giorni ma ogni tanto, solo un goccio d’acqua ogni tanto, allora si riprende e vive. E sembra incredibile quante cose ci si possano ancora fare. Rinasce, diventa molle e docile sotto le mani. Diventa un’altra cosa. Si trasforma e prende nuove forme.
E anche noi. Senza pensieri distorti, contorti, alterati o falsati. Deformati, snaturati, trasformati. Il sesso e la passione li arresta come si ferma il sangue da una ferita. E intanto godiamo e ne godiamo.

La stanza del motel non ci serve più. Giriamo la macchina e torniamo alle nostre vite. Fino al prossimo incontro.

@solerosso

Clicca per votare questo articolo!
[Voti: 0 Media: 0]
FavoriteLoadingAggiungi ai tuoi preferiti