Mattinata all’Erotic Center

Mattinata all’Erotic Center

Avevo viaggiato tutta la notte ed ero arrivato nella gran metropoli alle nove e mezza. Mi sentivo bene, energico e riposato anche se un po’ intorpidito da tante ore di treno. Feci un caffettino nel gran bar della stazione: regnava una confusione ordinata ed io mi sentivo decisamente spaesato davanti a quell’andirivieni rumoroso e ingombrante di persone e valigie. Il caffè mi rimise in sesto, lasciai il mio zainone nel deposito bagagli e allegramente uscii dall’enorme atrio, disposto a passare una mattinata in questa grande città, già che il mio treno sarebbe partito soltanto quelche ora più tardi, subito dopo pranzo. Presi un’uscita laterale, mi accesi una sigaretta, e, libero, cominciai a camminare per le strade affollate; assorbivo con tutti i sensi le stradine adiacenti alla stazione, che pulsavano di umanità: un bellissimo sole invernale aumentava la percezione dei colori intensi e degli odori pungenti della gente e dei negozietti etnici che abbondavano in queste eccentriche viuzze. Mi addentrai in questo reticolo stradale e commerciale, mi sentivo  bene, sapevo dentro di me che stavo cercando un po’ d’avventura. Poco prima di scendere dal vagone d’altronde, ancora indolenzito e insonnolito dalla notte in quella scomoda poltrona del treno, ero stato turbato dallo sguardo di un viaggiatore attempato, che aveva acceso in me la miccia…. ma, tornando alla mattinata, l’avventura si fece aspettare davvero poco: davanti a me, dall’altra parte della strada, un cartello al neon rosa si annunciava come Erotic Center ed era accompagnato dall’immagine di una sirena offrendo il seno agli sguardi indifferenti dei camminanti. Entrai senza pensarci, con la sicurezza di chi sa di non poter essere riconosciuto da nessuno e la spavalderia di uno che ne ha già vissute tante di storie.

Quell’inverno avevo appena compiuto trentatre anni, ma conservavo nel mio aspetto, quell’imprenta efebica ed adolescenziale, nel corpo e nel viso, che mi caratterizzava; non ero tuttavia il ragazzino ingenuo che poco più che adolescente incominciava a muoversi nei tortuosi sentieri della trasgressione; ne avevo fatta di strada… avevo fatto sesso nei luoghi più impensabili e nelle situazioni più strane, con uomini e donne, mi ero  travestito e non disdegnavo la sottomissione. Quello che mi era sempre piaciuto era l’esibizionismo, in tutte le sue varianti, possibilmente per voyeur maturi e autoritari, mi rendeva vizioso e spregiudicato offrirmi alle loro fantasie morbose. Ultimamente avevo cominciato una relazione sporadica con un Master settantenne morboso, statunitense, innamorato del mio fondoschiena, che mi faceva video mentre mi puniva sculacciandolo e frustandolo, forzandomi a pronuciare frasi umilianti difficili anche da immaginare. L’Erotic Center era un moderno e grande sexy shop, con tanti reparti pieni di articoli di tutti i tipi, c’erano un paio di clienti, il comesso mi salutò, ricambiai e andai a vedere il reparto dvd, che prometteva bene. Scambiai uno sguardo con un vecchio con una giubba di pelle, alto e calvo, che visionava film nella sezione gay e cominciai a percepire quella specie di calore superficiale, le pulsazioni aumentavano insieme alla consistenza del mio pisello, mi assaliva quel morbo che mi rende confuso, mi tremavano le gambe, ma allo stesso tempo ero deciso nella mia ricerca di piacere non solo carnale, anche cerebrale. Scatta il fluido erotico, come diceva un vecchio fotoromanzo porno trovato casualmente nello scatolone dei topolini nella stanza di mio zio, a casa di mia nonna. Vidi il vecchio che cercando il mio sguardo inserí una banconota da dieci euro in un tornello meccanico simile a quelli delle metropolitane e scomparí dietro a una tenda di velluto rossa. Lo seguii deciso e, dopo aver avuto qualche difficoltà nell’inserire la banconota nella fessura, riuscii a far girare il tornello e oltrepassai la tenda di velluto.

Varcata la soglia, con le pulsazioni a mille,  mi ritrovai in un ambiente buio, non ci si poteva vedere nulla, ero come accecato; forse il passaggio dalla luce splendente del mattino al buio di questo antro oscuro era stato troppo brusco. I miei sensi erano in tensione: percepivo un odore strano, in cui si fondevono aromi diversi: detersivi, ammoniaca, diverse fragranze di after shave e soprattutto quell’odore intenso e virile di uomo, di sudore, seme, urina e saliva che non faceva altro che aumentare la mia eccitazione. Avanzai nel buio con passi incerti lasciandomi guidare da un brusio che si riveló come uno strano mix di musica e di audio di diversi film porno che interferivano tra di loro. Una debole lucina rossa mi fece finalmente vedere dove effettivamente ero: si trattava di un ambiente molto grande, formato da un susseguirsi di piccole sale cinematografiche, con tre o quattro file di poltrone e diversi corridoi e ambienti; qua e là nei corridoi c’erano schermi appesi alle pareti che trasmettevano film porno. Improvvisamente sentii una grande mano, che non so da dove sbucasse, appoggiarsi e risalire struaciandosi impertinente sulla mia coscia, la mia reazione fu allontanarla bruscamente, quindi percepii un’ombra dileguarsi davanti a me: il propietario della mano rifiutata. Non ero abituato al buio, da buon esibizionista la luce era infatti per me necessaria per guardare, ma soprattutto per essere guardato…. trovo eccitante guardare la faccia deformata dal piacere di un uomo mentre gli lecco avidamente il pisello, a quattro zampe, sentendomi guardato da un altro spettatore, ecco cosa volevo fare quella mattina all’erotic center della gran metropoli, l’avevo appena deciso, dovevo trovare i protagonisti e i riflettori….

Passai davanti a uno di questi cinemini, sullo schermo un trans stava succhiando l’uccello a un ragazzo, sentii alle mie spalle una voce impostata che mi diceva “hey ragazzino, vuoi divertirti con me? Te lo faccio gratis”, cominciamo bene pensai io, trovandomi davanti a un travestito attempato, assolutamente non attrattivo, che, con aria annoiata, era seduto laidamente su due poltrone della saletta. Rifuitai gentilmente l’invito e continuai la mia esplorazione. Le mie pupille si erano ormai adattate all’ambiente, potevo finalmente vedere, l’erotic center sembrava vuoto, ma que e la si vedeva qualche persona in movimento, uomini silenziosi passeggiando e osservandosi, in un rituale che precede l’accoppiamento che chi  abbia frequentato luoghi atti a incontri omosessuali conosce sicuramente. Mi parve di vedere il signore calvo con la giubba di pelle che mi guardò, da una saletta, con uno sguardo interrogativo. Continuai per un corridoio che portava a una zona un po’ più illuminata, una grande sala dove c¡erano delle cabine individuali con schermo per la visione di film porno. Vidi un signore e una signora grassottella sparire in una misteriosa dark room. Una cabina un po`più grande in fondo alla sala captò la mia attenzione e dopo aver aperto la porta entrai. Non c’era nessuno schermo, era una camera vuota, con un tavolo quadrato basso, ricoperto da un materassino fino. La camera era illuminata con una luce rossa intensissima e  un altoparlante trasmetteva della gradevole musica moderna a basso volume . Una sedia era situata davanti al tavolo.

Entrai con i nervi a fior di pelle, era un po’ che ero in stato febbrile, e mi misi a sedere sulla sedia. Un rumore sordo alle mie spalle li per li mi spaventò, poi vidi che si era aperta una specie di feritoia orizzontale nella parete dietro a me. C’era qualcuno che mi stava guardando da fuori e io non lo potevo vedere, ebbi un attimo di indecisione, normalmente, avendone anche la possibilità, mi piaceva scegliere i miei partner, sono sempre stato molto selettivo, ma poi sentii l’impulso di buttarmi di testa in questa nuova avventura morbosa, ero ormai prigioniero del vizio, che mi portava a fare cose inimmaginabili….., non ce la facevo più, volevo tuffarmi in questa corrente infermabile, mi assicurai che la porta fosse chiusa e, dopo aver lasciato il mio giubbotto sulla tavola cominciai a levarmi le scarpe. Mi rialzai e guardando verso il finestrino orizzontale cominciai a danzare, lentamente, mentre mi levavo il golf, restando in jeans e maglietta.  Faceva caldo e cominciai a sentire l’uccello che si gonfiava pian pianino dentro i miei slip attillati di color blu elettrico. Si aprí improvvisamente un obló rotondo, strategicamente situato sotto al finestrino, dal quale sporse un bel cazzo, non ancora duro, non troppo lungo, ma grosso come il tubo della schiuma da barba e coronato da una cappella luccicante a forma di fungo, di color violaceo, che vedevo ingrandirsi a vista d’occhio.Diedi le spalle alla finestrina e mi abbassai lentamente i jeans  offrendo lo spettacolo del mio culo, che è sempre stato il mio punto forte, grande e sodo, rialzato, un culo femminile,  al quale, lo sapevo bene, ben pochi potevano resistere. Improvvisamente, sulla parete alla mia destra si aprirono altre due finestrine, l’una accanto all’altro.

La mia asta, affilata e lunga, era gonfissima e in tensione, sentivo che faceva pressione sugli stretti slip che a stento lo contenevano ed io ero ormai partito. Continuai lo spogliarello a ritmo di musica e in men che non si dica ero già nudo, ascoltai un mugolio di approvazione quando mi tolsi le mutande lasciando scattare fuori la mia verga turgida, la cosa mi piacque e incominciai una esibizione sempre più spudorata. Alla mia destra si aprí un altro oblò, facendo sbucare un bel cazzone, questa volta sí, lungo e grosso che, come una proboscide di un elefante che  fuoriesce dalle sbarre della gabbia cercando qualche nocciolina, mi osservava invitante, non era ancora rigido, avevo l’impressione che vibrasse, sbucando dalla parete. Mi ritrovai a quattrozampe sul tavolinetto inarcando la schiena e separando bene le mie chiappone lasciando intravedere il mio sfintere rosa, che mi eccitava da morire mostrare ben aperto. Facevo attenzione di girarmi per offrirmi alla vista dei tre spettatori, intanto si era aperto il terzo obló, uscendone fuori un bel cazzo, non lungo ne grosso, ma con una bellissima forma e già durissimo. Cominciai a sentire qualche commento, complimenti inviti mescolati a parole sconce che mi facevano sentire ancora più porco. Come non sentirsi cosí, nudo in una cabina di sexy shop esibendomi per tre spettatori che si masturbavano dei quali vedevo solo gli uccelli e intravedevo gli occhi. Sentii un’esclamazione molto colorata quando, con lo sguardo fisso a una finestrina cominciai a leccarmi e poi succhiarmi due dita, l’indice e il medio, per poi mettermeli lentamente dentro l’ano…..anch’io cominciai a mugolare, non avevo più alcuna inibizione, mi sentivo libero, come un animale.

Dopo un paio di contorsioni a ritmo di musica ero ormai eccitatissimo, dovevo controllarmi per non toccarmi,sapevo che sarebbe bastato sfiorarmi per raggiungere l’orgasmo e se, da una parte, il corpo me lo chiedeva, dall’altra volevo continuare quest’eccitante esperienza. Mi avvicinai, sempre a quattro zampe, sfilando tra i cazzi in erezione e gli applausi,  al primo spettatore, non lo vedevo, ma lo percepivo ansimare dietro la fredda parete di plastica. Mi ritrovai con la faccia davanti all’oblò da cui usciva un membro grossissimo e durissimo, la cappella sembrava una succosa prugna viola, con un odore fortissimo e penetrante. Sotto all’asta pendevano i coglioni, gonfi e ricoperti da una peluria bianca. Cominciai a leccarli, mentre la mia mano carezzava la verga, i gemiti da dietro la parete aumentavano. Dopo aver insalivato la susina affondai la bocca fino a sentirla sbattermi in gola, facendola poi riuscire mentre risucchiavo. Continuai passando la lingua sull’asse del fusto strusciando le labbra in giú e in su per poi ringoiare improvvisamente tutto il cazzo che, a non essere tanto lungo spariva nella mia avida bocca spalancata. Mentre succhiavo pensavo a chi appartenesse quell’uccello cosí grosso e profumato, forse alla mano misteriosa che mi aveva toccato all’entrata dei cinemini, o al signore calvo con la giubba di pelle. Ero eccitatissimo, improvvisamente sentii un caldo fiotto che mi entrava direttamente sulle tonsille accompagnato da un gemito di piacere, restai con al bocca attaccata al glande e seguí una seconda gettata e poi una terza. Un applauso alle mie spalle mi ricordó la presenza degli altri spettatori, i due cazzi erano lí, ritti, uno grande, scuro, pieno di vene, e l’altro piccolo e bianco con una cappella rosa, lucida.

Senza ricompormi, con un filamento di seme que mi colava dalla bocca e il cazzo duro mi avvicinai alla parete coi due cazzi. Vedevo quattro occhi che mi guardavano e i due uccelli che aspettavano le mie attenzioni. Mi misi in mezzo alle due finestrine e sentii una voce invitarmi all’azione. Senza lasciarmelo ripetere presi in mano l’uccello più lungo e cominciai a carezzarlo dolcemente mentre appoggiavo il mio sedere, piegando un po’ le ginocchia e inarcando la schiene, sul cazzetto rosa. Mentre una mano palpava stringeva e agitava il cazzo elefantino, che sembrava di marmo, scodinzolavo il mio fondoschiena sentendo l’uccello che si faceva largo tra le mie chiappe cercando il buchino. Per facilitare l’operazione, smisi di massaggiare l’uccellone e mi aprii il culo con le mani. Sentii l’uccello piccolo durissimo appoggiarsi, sfregarsi e inumidire la superficie del mio sfintere con la gocciolina di lubrificante che avevo notato brillare sulla reosea cappella Una vampata calda e morbosa mi assalí, il corpo nudo comincio a tremolare dal piacere che aumentava d’intensità. Mi avvinghiai con la bocca aperta sul marmoreo pene che sporgeva dal muro legno plàstico, pompavo su e giú con tutta la testa, mentre sentivo frugarmi nel culo, credo che il cazzetto fosse stato sostituito da una mano, sentivo un dito o due, che mi penetrarmi da dietro. Sentivo i commenti volgari ed eccitanti degli spettatori che forse erano cambiati, visto che dal primo oblò sbucava ora un uccello diverso da quello que mi aveva sputato tutta la sua calda schiuma in gola.

Mentre una mano mi frugava il mio buchino, e le mia labbra umide si serravano e si strusciavano sul cazzo gigante, accompagnando il vigoroso va e vieni del pompino che stavo servendo. Sentii una mano che mi strinse prima i testicoli e che poi afferrò la mia verga. Ero al massimo dell’eccitazione, l’orgasmo non poteva più aspettare. Con la bocca sempre attaccata al cazzo sentii una vampata, mi sembrava che tutti i liquidi del mio corpo convergessero prima nella pancia e successivamente sentii la prima scossa elettrica e il primo caldo fiotto di sborra che schizzava fuori rompendosi contro la mano che mi stava impudicamente palpando. Avevo ormai perso il controllo del mio corpo,stavo gemendo di piacere, in preda alle convulsioni dell’orgasmo, L’uccellone che stavo succhiando mi uscí dalla bocca e cominció a schizzare il suo caldo e liquido fluido sul mio collo e sulla parte superiore del mio torso; non finiva più, i caldi fiotti che mi colpivano colavano lungo il mio corpo. Restai, non so quanto tempo cosí, inginocchiato in una pozzanghera dove si mescolava il mio seme a quello dell’uccello elefante. Con la coda dell’occhio vedevo una cazzo masturbandosi sporgere da un oblò. Non avevo più forza per giocarci. Mi ricomposi, mi pulii alla bell’e meglio con un kleenex, mi rivestii e aprii la porta della cabina.

Fuori dalla porta una piccola comitiva sembrava aspettarmi, erano cinque o sei signori, per lo più anziani, per poterli oltrepassare dovetti sottomettermi a diverse palpate. Chissà quanti di loro avevano visto la mia esibizione, pensai, e mi incamminai deciso verso l’uscita senza nessuna voglia di intrattenermi in quella bolgia maleducata e immonda che volevano fare di me la loro vittima sacrificale, se in un altro momento mi sarebbe potuto interessare, adesso non era proprio il caso. Uscii dalla tenda di velluto rossa, notai che il commesso mi guardava con un sorriso strano, lo salutai timidamente e, dopo essermi alzato lo zip della patta dei pantaloni, che era rimasta aperto, uscii in strada. Adesso ero accecato dalla troppa luce e dovevo socchiudere gli occhi per poter vedere qualcosa. Comiciai a camminare senza sapere dove andare e avvertivo il bisogno di mettere qualcosa in bocca che non fosse un pene…..entrai in un bar e ordinai un toast e una coca cola. Mentre consumavo la mia colazione ripensando all’avventura che avevo appena vissuto, sentii una voce bassa e virile che mi disse “bella mattinata eh?”, mi girai vidi nel tavolino a fianco al mio, il signore calvo con la giubba di pelle che mi fissava, davanti a una birra, con un sorriso ammiccante.

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